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Ric. n. 2498/07      Sent. n. 871/08

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda Sezione, costituito da:

Giuseppe Di Nunzio  Presidente

Claudio Rovis   Consigliere, relatore

Marco Morgantini  Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

     sul ricorso n. 2498/07 proposto da MORESSA ROBERTO, rappresentato e difeso dall’ avv. Raffaele Bucci, con domicilio presso la segreteria del T.A.R. ai sensi dell’art. 35 del R.D. 26.6.1924 n. 1054;

CONTRO

l’Unione dei Comuni di Codevigo e Pontelongo in persona del Presidente pro tempore, non costituito in giudizio;

e

il Comune di Codevigo, in persona del Sindaco pro tempore rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Carfagna, con elezione di domicilio presso lo studio dell'avv. Antonino Romeo in Venezia, Cannaregio 1402;

  per l’annullamento

previa sospensione dell’esecuzione, dell’ordinanza n. 27 dell’8 agosto 2007 emessa dal  Responsabile del Servizio Edilizia Privata dell’Unione intimata ed in specie del Comune di Codevigo, che ha ingiusto al ricorrente la rimessa in pristino, mediante demolizione, di quattro fabbricati oggetto di condono edilizio rigettato ma per il quale è stato richiesto il riesame;

nonchè con i motivi aggiunti

per l'annullamento del provvedimento 20.12.2007 n. 119661 con il quale il Responsabile del Servizio Edilizia Privata dell'Unione intimata ed in specie del Comune di Codevigo ha ribadito il precedente provvedimento di diniego di condono edilizio n. 96/2004 nei cui confronti il ricorrente aveva presentato istanza di riesame in data 7.12.2007.

    Visto il ricorso, notificato il 14.11.07 e depositato presso la Segreteria il 13.12.07, con i relativi allegati;

    Visti i motivi aggiunti depositati il 13.3.2008;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Codevigo, depositato l'8.1.2008 ed il 31.3.2008;

    Visti gli atti tutti di causa;

    Uditi alla camera di consiglio del 2 aprile 2008, convocata a’ sensi dell’art. 21 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 3 della L. 21 luglio 2000 n. 205 - relatore il Consigliere Claudio Rovis l’avv. Stocco, in sostituzione dell'avv. Bucci, per il ricorrente e l'avv. Carfagna per il Comune di Codevigo;

    Rilevata, a’ sensi dell’art. 26 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 9 della L. 21 luglio 2000 n. 205, la completezza del contraddittorio processuale e ritenuto, a scioglimento della riserva espressa al riguardo, di poter decidere la causa con sentenza in forma semplificata;

    Richiamato in fatto quanto esposto nel ricorso e dalle parti nei loro scritti difensivi;

considerato

     che il ricorso principale avverso il provvedimento demolitorio 8.8.2007 n. 27 – adottato dall’Amministrazione comunale a seguito di reiezione della domanda di sanatoria edilizia, non impugnata dall’interessato – è palesemente infondato, in quanto la repressione degli abusi edilizi è un preciso obbligo della PA, la quale non gode di alcuna discrezionalità al riguardo: conseguentemente, i relativi atti sanzionatori, attesa la loro natura rigidamente vincolata, non risultano viziati ove non preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento (CdS, IV, 1.10.2007 n. 5049). A tal proposito è stato osservato, in particolare, che l'art. 7 della legge n. 241/90 non è ragionevolmente applicabile ai procedimenti avviati ad istanza di parte, quali sono, appunto, i procedimenti sulle istanze di condono edilizio e sugli ordini di demolizione innescati dalla stessa istanza: osta infatti a tale applicazione la finalità di non aggravare inutilmente il procedimento, esigenza che collima con la ratio legislativa di speditezza dell'iter burocratico, mentre le esigenze di partecipazione sono implicite nella stessa domanda di attivare il percorso amministrativo necessario (CdS, IV, 14.9.2007 n. 4827);

    che è inammissibile il ricorso per motivi aggiunti proposto avverso la nota 20.12.2007 n. 119661 con cui il Comune, provvedendo sulla domanda di parte, ha ritenuto di non riesaminare il diniego di permesso di costruire ed ha confermato, conseguentemente, la propria, precedente statuizione negativa: premesso, invero, che l’istanza dell’interessato mirante ad ottenere il riesame da parte della PA di un atto autoritativo non tempestivamente impugnato non comporta alcun obbligo giuridico dell’Amministrazione di iniziare un procedimento di autotutela o, comunque, di secondo grado incidente sulla precedente attività amministrativa (rientrando l’esercizio dell’autotutela in una sfera ampiamente discrezionale, essendo questa sempre in funzione dell’interesse dell’amministrazione, a cui spetta di valutare caso per caso, e quindi con valutazione ampiamente discrezionale, la prevalenza dell’interesse particolare soddisfatto dall’atto che si asserisce invalido, quella dell’interesse particolare che sarebbe soddisfatto dall’atto di autotutela o quella dell’interesse generale alla rimozione del conflitto potenziale tra interessato e Amministrazione: cfr. CdS, VI, 29.11.2005 n. 6770; V, 7.11.2003 n. 7132), in quanto tale obbligo inficerebbe, tra l’altro, le ragioni di certezza delle situazioni giuridiche e di efficienza gestionale che sono alla base dell’agire autoritativo della PA (CdS, VI, 4.6.2004 n. 3485), va osservato che il provvedimento amministrativo ha natura confermativa quando – come nel caso di specie -, senza acquisizione di nuovi elementi di fatto e senza alcuna valutazione, tiene ferme le statuizioni in precedenza adottate: se invece sia condotta una nuova istruttoria, anche per la sola verifica dei fatti o con un nuovo apprezzamento di essi, il mantenimento dell’assetto degli interessi già disposto ha carattere di nuovo provvedimento, poiché esprime un diverso esercizio del medesimo potere (CdS, V, 4.3.2008 n. 797; VI, 20.5.2004 n. 3260); né in tale contesto può assumere qualche rilievo l’ampiezza, l’articolazione o la novità delle argomentazioni contenute nell’istanza di riesame, in quanto, come si è appena detto, la PA resta libera di verificare se l’inoppugnabilità dei propri atti meriti o no di essere superata da successive valutazioni che tengano conto del decorso del tempo, delle esigenze di certezza dei rapporti giuridici e delle disponibilità di bilancio (principio, quest’ultimo, affermato con precipuo riguardo ai rapporti di pubblico impiego, ai fini soprattutto di profili di inquadramento giuridico-economico);

    che, dunque, il ricorso è in parte infondato (laddove si censura il provvedimento demolitorio) ed in parte inammissibile (laddove si impugna il provvedimento, meramente confermativo della precedente determinazione, di diniego di riesame) e va, conseguentemente respinto;

    che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;

    P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo rigetta.

    Condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio, complessivamente liquidati in € 3.000,00 (tremila/00) al netto di I.V.A. e C.P.A..

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

    Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio del 2 aprile 2008.

Il Presidente  L'Estensore   Il Segretario 


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