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Ric. n. 186/08       Sent. n. 431/08

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda Sezione, costituito da:

Claudio Rovis   Presidente f.f.

Riccardo Savoia  Consigliere, relatore

Marco Morgantini  Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

     sul ricorso n. 186/08 proposto da CAVALLETTO ADRIANO e CELIN ROSINA, rappresentati e difesi dall' avv.Roberto Carfagna, con elezione di domicilio presso lo studio dell'avv. Margherita Bonifacio in Venezia – S. Croce 312/A;

CONTRO

il Comune di Arzergrande in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vittorio Domenichelli e Franco Zambelli, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Mestre, Via Cavallotti 22;

  per l’annullamento

previa sospensione dell’esecuzione, della nota del 12.11.2007 con cui il Responsabile del Servizio U.T.C. – Sportello Unico per l'Edilizia ha respinto la domanda di permesso di costruire avanzata dai ricorrenti;

    Visto il ricorso, notificato il 17.1.08 e depositato presso la Segreteria il 30.1.08, con i relativi allegati;

    Visti i motivi aggiunti depositati in data 30.1.08

    Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Arzergrande, depositato il 18.2.2008;

    Visti gli atti tutti di causa;

    Uditi alla camera di consiglio del 20 febbraio 2008, convocata a’ sensi dell’art. 21 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 3 della L. 21 luglio 2000 n. 205 - relatore il Consigliere Riccardo Savoia - l’avv. to Carfagna per il ricorrente e l’avv.to Sgualdino in sostituzione di Domenichelli per il Comune intimato;

    Rilevata, a’ sensi dell’art. 26 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 9 della L. 21 luglio 2000 n. 205, la completezza del contraddittorio processuale e ritenuto, a scioglimento della riserva espressa al riguardo, di poter decidere la causa con sentenza in forma semplificata;

    Richiamato in fatto quanto esposto nel ricorso e dalle parti nei loro scritti difensivi;

considerato

     vista la pertinente normativa regionale, secondo cui: "7 ter. Decorso il termine di cui al comma 7 bis 3, nelle more della approvazione del primo PAT e PI:

     a) nelle sottozone classificate E1 dal vigente piano regolatore generale comunale sono ammessi esclusivamente gli interventi sui fabbricati esistenti di manutenzione ordinaria e straordinaria e di consolidamento, gli interventi diretti a dotare gli edifici dei servizi igienici e dei necessari impianti tecnologici nel rispetto delle caratteristiche strutturali e tipologiche degli edifici, nonché gli altri tipi di interventi previsti dal vigente strumento urbanistico comunale finalizzati alla tutela del patrimonio storico, ambientale e rurale ai sensi degli articoli 10 e 12 della legge regionale 5 marzo 1985, n. 24;  
b) nelle sottozone classificate E2 dal vigente piano regolatore generale comunale sono in ogni caso consentiti, per le costruzioni non oggetto di tutela da parte dello strumento urbanistico generale per le quali si confermano gli interventi in esso previsti, gli interventi di cui alla lettera d) dell’articolo 3 del DPR n. 380 del 2001 e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di edifici residenziali, utilizzando l’eventuale parte rustica esistente e contigua fino ad un massimo di 800 mc. compreso l’esistente;  
c) nelle sottozone classificate E3 dal vigente piano regolatore generale comunale sono in ogni caso consentiti, per le costruzioni non oggetto di tutela da parte dello strumento urbanistico generale per le quali si confermano gli interventi in esso previsti, gli interventi di cui alla lettera d) dell’articolo 3 del DPR n. 380 del 2001 e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di edifici residenziali fino ad un massimo di 800 mc. compreso l’esistente;  
d) nelle sottozone classificate E1, E2, E3 dal vigente piano regolatore generale comunale sono altresì consentiti, nel rispetto delle previsioni e prescrizioni dello stesso, gli interventi edilizi, compresa la nuova edificazione, in funzione dell’attività agricola destinati a strutture agricolo-produttive con le modalità di cui agli artt. 44 e 45;  
e) nelle sottozone classificate E4 - centri rurali - dal vigente piano regolatore generale comunale sono realizzabili gli interventi previsti dallo strumento urbanistico generale vigente;  
f) per le costruzioni non oggetto di tutela da parte del vigente piano regolatore generale ubicate nelle zone di protezione delle strade di cui al DM 1° aprile 1968, n. 1404, e in quelle di rispetto al nastro stradale e alle zone umide vincolate come inedificabili dagli strumenti urbanistici generali, sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) dell’articolo 3 del DPR n. 380 del 2001, compresa la demolizione e la ricostruzione in loco oppure in area agricola adiacente, sempre che non comportino l’avanzamento dell’edificio esistente sul fronte stradale o sul bene da tutelare (art.48 L.R. n.11/04 e s.m.i.);

     considerato

     che sono gli stessi ricorrenti a rilevare come la Regione abbia espressamente previsto la possibilità di spostamento dell’area di sedime in sede di ricostruzione del fabbricato demolito in quest’ultima ipotesi;

     che tuttavia la domanda da essi avanzata non rientra in tale previsione normativa;

     che non è utile alla tesi dei ricorrenti, volta a dimostrare la legittimità del ridetto spostamento anche nel caso previsto alle lettere  b) e c), il richiamo all’art. 32 del T.U. n.380/01, laddove definisce la sanabilità a condizione della non sostanzialità della variazione, ai sensi dell’art.3 del medesimo T.U. secondo cui  “nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica;”

     che appare invero utile ricordare che l’art. 31, lett. d), legge 5 agosto 1978 n. 457 comprende tra gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente: - gli interventi di ristrutturazione edilizia e quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, precisando che tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, la eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.

     Quindi, questa disposizione conteneva la nozione di ristrutturazione edilizia, descrivendola come il complesso di interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono anche portare a un manufatto in tutto o in parte diverso dal precedente.

     Al riguardo, sono sorti dubbi circa il fatto che potesse rientrare nella definizione di ristrutturazione edilizia la demolizione e la ricostruzione del fabbricato.

     Dopo discordanti pronunce la giurisprudenza l’ha infine costantemente ammessa nei casi in cui l’intervento consistesse  nella demolizione e nella fedele ricostruzione dell’edificio

     (cfr., tra le altre Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 5 marzo 2001 n. 1246 e sentenza 28 marzo 1998 n. 369).

     Lungo questa linea si è posto il legislatore del 2001, prevedendo all’art. 3 del Testo unico per l’edilizia interventi di ristrutturazione edilizia consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico a quello preesistente quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica.

     La demolizione-ricostruzione veniva descritta come modalità esecutiva della ristrutturazione, condizionata dal presupposto della ‘fedeltà’ e veniva assoggettata a semplice denuncia di inizio attività (d.i.a.), trattandosi non di ‘nuova costruzione’, ma di ‘intervento conservativo’.

     Un significativo mutamento si è avuto con l’art. 1, co. 6, lett. b), legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo), il quale ha modificato l’istituto, stabilendo che “…possono essere realizzati, in base a semplice denuncia di inizio attività:

     a) gli interventi edilizi minori, di cui all’articolo 4, comma 7, del citato Dl 5 ottobre 1993, n. 398;

     b) le ristrutturazioni edilizie, comprensive della demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma. Ai fini del calcolo della volumetria non si tiene conto delle innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica;

     Il D.Lgs. n. 301/2002, ha recepito tale disciplina all’interno del testo unico per l’edilizia, modificando l’art. 3, co. 1, lett. d), D.P.R. n. 380/2001, limitandosi a prevedere che la ricostruzione che segue la demolizione non deve essere più ‘fedele’, ma deve essere effettuata ‘con la stessa volumetria e sagoma’. Non rilevano più, quindi, le variazioni dell’area di sedime e delle caratteristiche dei materiali, con la conseguenza che la nuova tipologia di ristrutturazione in esame risulta meno vincolata è, quindi, più utilizzabile in concreto.

     Con circolare del 7 agosto 2003 n. 4174 il Ministero per le Infrastrutture e per i Trasporti, ha precisato che: - può essere variata, in aumento e in diminuzione, la superficie, restando immutati sagoma e volume; - è possibile, in sede di ricostruzione, effettuare spostamenti di collocazione rispetto alla precedente area di sedime (ma non è consentito trasferire il nuovo edificio in altro sito).

     Dunque non è esclusiva della pretesa dei ricorrenti la circostanza che esista specifica disposizione legislativa regionale concernente la possibilità di edificazione su area adiacente,risultando la stessa già ricompresa nel concetto di ricostruzione previa demolizione, purchè, tuttavia, residui una certa connessione topografico funzionale tale da rendere evidente che il nuovo organismo derivi comunque da quello demolito.

     E difatti i ricorrenti hanno chiesto un permesso di costruire evidentemente consapevoli dell’inapplicabilità alla specie della procedura di semplice DIA

     Conseguentemente  il ricorso va accolto non essendo legittima la ragione ostativa addotta, salva l’adozione di ulteriori provvedimenti da parte del Comune ove non debba essere ritenuto sussistente quel requisito di connessione da accertarsi in concreto in relazione alla nuova edificazione, che dalle tavole allegate appare prossima anche se non esattamente adiacente a quella ove insistevano i beni demoliti.

    Ritenuto di poter compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio;

    P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

    Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

    Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio del 20 febbraio 2008.

Il Presidente f.f.      L’Estensore    Il Segretario 


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