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Ric. n. 2576/99 Sent.1018/00

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo per il Veneto, prima sezione, costituito da:

Gaetano Trotta - Presidente

Italo Franco - Consigliere relatore

Angelo Gabricci - Consigliere

ka pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 2576/99 proposto da Baldon Pietro, Pilati Tiziano, Cibin Giulio, Targa Matteo, e Tessari Ampelio, rappresentati e difesi dall'avv. Emanuela Giraldo, con elezione di domicilio presso lo studio della stessa in Venezia - Mestre, Via Calucci n. 56/b, come da mandato a margine del ricorso;

CONTRO

il Comune di Stanghella in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Roberto Carfagna e Michele Greggio, con domicilio presso la Segreteria di questo Tribunale, ai sensi dell'art.35 del R.D. 26.06.1924 n. 1054, come da delibera di autorizzazione a resistere della G.M. n. 111 del 29.10.1999 e procura a. L. a margine del controricorso;

e nei confronti

di Marino Salvatore, rappresentato e difeso dall'avv. Gioia Vanzan, con domicilio presso la Segreteria di questo Tribunale, ai sensi dell'art. 35 del R.D. 26.06.1924 n.1054, come da procura a.l. a margine della memoria di costituzione;

con l'intervento

dell'ANCI - Veneto, Associazione Regionale comuni del Veneto, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Dario Meneguzzo e Nicola Creuso, con elezione di domicilio presso la Segreteria di questo Tribunale, ai sensi dell'art. 35 del R.D. 26.06.1924 n.1054, come da procura a.l. del presidente a margine dell'atto di intervento;

per l'annullamento

1) della delibera della G.M. n. 79 del 02.07.1999 avente ad oggetto: nomina del direttore generale;

2) della delibera consiliare n. 32 del 29.07.1999, recante "conferma della validità della convenzione per l'incarico di direttore generale in atto fra i Comuni di Stanghella, S. Pietro Viminario, Pernumia e Codevigo".

3) della delibera consiliare n. 42 del 27.09.1999 di conferma delle due precedenti delibere ai sensi dell'art.17.39 della L.n.127/97;

Visto il ricorso, notificato il 28.10.1999 e depositato presso la Segreteria il 12.11.99, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Stangella, depositato il 24.11.1999 e del controinteressato, depositato il 02.02.2000;

Visto l'intervento a.o. dell'ANCI - Veneto depositato il 19.02.2000;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi all'udienza pubblica del 02.03.2000 (relatore il Consigliere Italo Franco) gli avv.ti Giraldo per la parte ricorrente, Carfagna per il Comune di Stanghella e Creuso per l'ANCI - Veneto.

Nessuno comparso per il controinteressato.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con delibera n.79 del 02.07.1999, la G.M. di Stanghella conferiva - su proposta del Sindaco del Comune capo-convenzione - la nomina di direttore generale per la convenzione fra i Comuni di Stangella, S. Pietro Viminario, Pernumia e Codevigo (approvata dal Comune di Stanghella con delibera consiliare n. 24 del 27.02.1998 e stipulata il 04.03.1998) al dr. Salvatore Marino. Cinque consiglieri in minoranza, al riguardo, chiedevano (il 20.07.1999). il controllo di legittimità, ai sensi dell'art.17.38 della L. n. 127/97 al Co.Re.Co. e indi, a seguito della dichiarazione di incompetenza di tale organo (in data 30.08.1999) al difensore civico comunale, con data del 09.08.1999, sul rilievo che la convenzione non era stata confermata dal nuovo consiglio comunale, eletto il 13.06.1999, ed ora decaduta ai sensi dell'art.2, sicchè la nomina è avvenuta in difetto di convenzione.

Nel frattempo il Consiglio comunale, con delibera n.32 del 29 luglio, confermava la validità di detta convenzione, precisando che "la delibera di conferma della convenzione da assumersi ai sensi dell'ultimo comma dell'art.2...è quella prevista dall'art.7 della convenzione stessa e quindi trattasi di atto di Giunta e non di Consiglio comunale".

Gli stessi consiglieri di minoranza, con nota del 09.08.1999, chiedevano al difensore civico di esercitare il controllo ex art. 17.38 anche su tale delibera per i motivi già espressi, cui aggiungevano che non è possibile sostenere che la delibera di nomina della G.M. equivalga a conferma della convenzione (atto di competenza del consiglio). Il difensore civico, con atto del 17.09.1999, dichiarava illegittime le delibere n.79/99 della G.M. e n.32/99 del Consiglio comunale, invitando il Comune a determinarsi diversamente, prima confermando la convenzione ad opera del consiglio, e poi a nominare il direttore generale con delibera di G.M.

Ciò nonostante il Comune, con delibera consiliare n.42 del 27.09.1999, sull'assunto che il difensore civico si era pronunciato oltre i termini previsti dal comma 39 (donde l'esecutività delle due delibere), confermava entrambi gli atti, su conforme parere (ex art. 53 L.n.142/90) del responsabile del servizio.

Seguiva scambio di note fra il Comune di Stanghella (in data 20.09.1999) e il difensore civico (in data 30 settembre) di conferma alle rispettive posizione.

Tanto premesso, cinque cittadini - elettori del comune di stanghella, hanno proposto il ricorso in epigrafe, in dichiarato esercizio dell'azione popolare ex art. 7 L. n. 142/90 come modificato dalla L. n. 265/99, chiedendo l'annullamento degli atti di cui sopra.

Premesso di agire - ex art. 7 cit. - a salvaguardia del corretto funzionamento della P.A. e "a rimedio delle patenti illegittimità - i ricorrenti deducono, con il primo motivo, violazione dell'art.17, co.39 L. n.127/97; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, ovvero motivazione apparente.

Si sostiene che non poteva il Comune ignorare la dichiarazione di illegittimità del difensore civico, disapplicandola, potendo , semmai, agire contro di essa in sede giudiziale. Sarebbe, poi, insostenibile l'assunto del Comune, sia perché non appare perentorio il termine di 15 giorni ex art. 17.39, sia perché lo stesso difensore civico dichiara, nella nota del 30.09.1999, di aver effettuato il controllo nei termini, per aver ricevuto solo l'8 settembre la relativa richiesta completa.

Con il secondo mezzo si deduce violazione dell'art.51 bis, co. 3 e 4 L.n.142/90 come modificato dall'art.6.20 L.n.127/97, sul rilievo che affatto inequivoco è il tenore dell'art. 2.2 della convenzione, ove si dice che la stessa "decreterà automaticamente con il rinnovo di una delle amministrazioni comunali, se entro 30 giorni dall'insediamento del nuovo sindaco non verrà deliberata la conferma della convenzione stessa". Nel caso di specie, non essendo stata confermata dal nuovo consiglio comunale, la convenzione era decaduta, cosicchè la nomina da parte della G.M. del direttore generale è avvenuta in assenza della convenzione, in contrasto, quindi, con il preciso disposto dell'art. 51 bis, co.3 e 4. L.n. 142/90

Né alla delibera consiliare n.32 del 29.07.1999 può essere riconosciuta efficacia sanante, sia perché non si pone conferma (o interpretazione autentica) di un atto inesistente perché decaduto, sia perchè l'approvazione delle convenzioni de quibus, che rientra nella competenza del consiglio ex art.32.2 lett. d) della L.n.142/90, deve prevenire dallo stesso organoche ha adottato l'atto confermando.

Incomprensibile , infine, è l'assunto che la delibera di conferma ex art. 2u.co. sarebbe quella prevista dall'art.7 della convenzione (di competenza della G.M.).

Con il terzo motivo si deduce violazione dell'art.53 L.n.142/90; eccesso di potere per intervento nel procedimento di soggetto avente interesse proprio, sul rilievo che la delibera consiliare n.42 del 27.09.1999 è accompagnata dal parere tecnico (favorevole) del dr. Marino, nominato direttore generale e che, quindi, aveva il dovere di astenersi. Nonostante che si tratti di atto endoprocedimentale, indubbiamente il corpo motivazionale della delibera non può non avere avuto una completa e preponderante rilevanza sulla volizione dell'organo deliberante, viziandone il processo formativo.

Con il quarto mezzo viene sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art.17, co.39 della L.n.127/97 in relazione agli art.97 e 130 Cost. sul rilievo che, smantellato dalle più recenti normative il controllo preventivo di legittimità, quello previsto in uno dei casi residuali, come il co.38 e 39, si riduce ad una mera prospettazione delle legittimità riscontrate senza potere annullare, sicchè si tratta di una richiesta motivata di riesame.

Ma, se così è, o l'illegittimità sussiste e va rimossa; o non sussiste, e allora non va dichiarata. Ne consegue che il disposto normativo de quo si pone in contrasto con il chiara contenuto degli art. 97e 130 Cost.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Stanghella eccepisce l'inammissibilità del ricorso poiché non sussistono i presupposti per l'azione popolare di tipo sostitutivo (e non correttivo) ex art.7 L.n.142/90 e, comunque, infondatezza nel merito.

Successivamente detto Comune, con delibera consiliare n.52 del 03.12.1999, riapprovava la convenzione, sul presupposto che, in seguito all'ordinanza cautelare di questa Sezione, i Comuni della convenzione erano rimasti privi del direttore generale, e indi con delibera della G.M. n.121 del 06.12.1999 determinava il compenso spettante al direttore generale, seguito a quanto pare, dalla stipula della convenzione tra Sindaco e il dr. Marino (invece, con provvedimento sindacale del 03.08.1999, era stato nominato il dr.Porrino, su indicazione dell'agenzia per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali).

Contro tali ulteriori atti il patrocinio ricorrente ha proposto motivi aggiunti (valevoli anche come ricorso autonomo), deducendo con il primo violazione dell'art. 51 bis, co. 3° L.n.142/90; eccesso di potere per contraddittorietà, irragionevolezza, travisamento, sul rilievo, oltre che della gravità del rinnovo della convenzione e della nomina del direttore generale, stante l'avvenuta sospensione giudiziale degli analoghi atti precedenti (per violazione dell'ordine del giudice), della palmare contraddittorietà, poiché, se il comune riteneva illeggittimi questi ultimi (come pare abbia fatto) doveva rimuoverli mediante autoannullamento prima di procedere al rinnovo degli stessi.

Con il secondo mezzo si deduce violazione dell'art. 51 bis, co. 4° L.n.142/90; eccesso di potere per carenza di potere, difetto di motivazione, falsità dei presupposti e travisamento dei fatti, sul rilievo della gravità del comportamento lesivo dell'ordine del giudice ex art. 21 L.n. 1034771 posto in essere mediante tali atti a far fronte all'affermata mancanza del direttore generale (posto che tale assunto si possa condividere dal momento che era stato nominato altro funzionario con atto del 03.08.1999).

Ed invero, posta la facoltatività della figura del direttore generale per il co. 4° dell'art.51 - bis, in mancanza, il sindaco può conferire le relative funzioni al segretario comunale.

Inoltre non risulta la gestione coordinata e unitaria dei servizi comuni, presupposto per la giustificata adozione della convenzione per la nomina del direttore generale ex art. 51 bis.

Il Comune di Stanghella ha depositato controricorso in relazione i motivi aggiunti, vigorosamente riaffermando l'inammissibilità del ricorso, per trattarsi, nel caso, di azione popolare supplettiva (la sola ammessa dall'art.7 L.n.142/90, anche nella nuova versione), bensì correlativa, nel merito eccependo che ben può la P.A. reiterare gli atti sospesi, emendandoli dalle parti censurate, specie in presenza di un'"inopinata" ordinanza cautelare. Sono stati depositati anche una serie di delibere successive, con le quali è stata rinnovata la convenzione; è stato rinominato il medesimo funzionario; a questi è stata attribuita la responsabilità di tutti (pressochè) i servizi comunali, fino al 29.02.2000.

Si è costituito anche il funzionario nominato direttore generale, nel giudizio relativo ai motivi aggiunti (o per ricorso autonomo), eccependone, con analoghe considerazioni, sia l'innammissibilità sia l'infondatezza.

Con memoria conclusionale il Comune, nel confermare tutte le memorie già svolte, afferma che ancora più stupefacente era la seconda ordinanza di questa Sezione, e che, ad ogni buon conto i recenti provvedimenti di conferma della convenzione a di nomina del d.g. hanno fatto venir meno ogni interesse al ricorso.

Interviene ad opponendum anche l'A.N.C.I. - Veneto, per contrastare unicamente la questione pregiudiziale circa l'instaurazione dell'azione popolare ex art. 7 L.n.142790 intesa - come hanno fatto i ricorrenti - quale azione di tipo correttivo. Invece - argomenta l'ANCI con riferimento allla concezione del giudizio amministrativo come rimedio fondato sull'esistenza di un interesse personale, concreto e attuale ad agire - non solo l'azione popolare prevista nell'art. 7 è di tipo sostitutivo (ex art.81 c.p.c.), nel senso che gli elettori possono attivarsi solo per sostituirsi al Comune, nelle azioni a questo spettanti, e non di tipo correttivo (come accade per specifiche previsioni normative derogative, quale azione per la correzione delle operazioni elettorali), ma, per giunta, le conseguenze sarebbero di sconvolgere i principi che regolano nel processo amministrativo l'interesse a ricorrere ( con trasformazione in giudizio di tipo obbiettivo), ed ognuno sarebbe legittimato ad agire per motivi più svariati contro i provvedimenti dei Comuni, con detrimento per l'azione della P.A.

Replica, in particolare, a tale intervento a.o., il patrocinio ricorrente, in primis contestando la legittimazione dell'ANCI, che sembra intervenire nell'interesse della legge e senza richiamare una disposizione dello statuto che lo giustifichi, e indi impostando un'interpretazione evolutiva dell'art. 7 L.n.142/90 che, alla luce della soppressione dei controlli sugli atti dei Comuni ( e dell'introduzione di un controllo deminutus del difensore civico), va letto alla luce del principio di democrazia partecipativa. In tal modo, con il conforto anche del dato letterale, tale azione popolare può intendersi anche come correttiva.

All'udienza si è svolta la discussione, al termine della quale i difensori delle parti hanno confermato le rispettive conclusioni. Indi la causa è stata spedita in decisione.

DIRITTO

1 - Per quanto l'intervento ad opponendum spiegato dall'ANCI - Veneto riguardi solo l'aspetto del complesso contenzioso posto all'esame del Collegio, nell'economia della sentenza è opportuno esaminare per prima la questione dell'ammissibilità di tale intervento nel presente giudizio, poiché ex adverso si eccepisce proprio l'inamissibilità del medesimo, questione che impingue, peraltro, su un profilo pregiudiziale del giudizio.

Ed invero, ribadito che l'ANCI regionale ha spiegato l'intervento ad opponendum contestando l'ammissibilità dell'azione popolare di tipo correttivo - quale, dichiaratamente, è quella instaurata dagli odierni ricorrenti - sulla scorta, pure dichiaratamente, dell'art.7 della L.n. 142/90, va dal pari ricordato che il patrocinio ricorrente ha inteso a sua volta eccepire l'inammissibilità di tale intervento, inteso all'incirca quale azione spiegata nell'interesse della legge, ovvero quale strumento di un giudizio amministrativo di tipo oggettivo.

Senonchè, sembra rientrare nella logica del sistema l'intervento dell'ANCI, da ritenere perciò senz'altro ammissibile.

Ed invero sotto il profilo dell'omessa menzione della disposizione dello statuto che a ciò l'abiliti, come si legge nello statuto depositato all'udienza della difesa dell'ANCI, disposizioni del genere zono ravvisabili nell'art. 1 e, per quanto concerne le osservazioni regionali, nell'art.32.

Nell'art.1 si legge, infatti " Scopo dell'Associazione è la rappresenza e la tutela delle autonomie locali riconosciute dalla Costituzione e dei diritti e degli interessi degli aderenti". Ora, l'interesse agito dall'ANCI nel presente giudizio attiene alla negazione che si possa adire il giudice, ai sensi dell'art.7 della L.n.142790, con l'azione popolare di tipo correttivo, poiché dall'ammissibilità di una tale azione verrebbe gravemente pregiudicatata o quanto meno complicata e resa più farragginosa e difficoltosa l'attività amministrativa dei Comuni. Da simile assunto consegue che ne verrebbe in qualche misura diminuita l'autonomia costituzionalmente garantita ai Comuni (art.5, 128), donde l'interesse a contrastare l'ingresso nell'ordinamento di una interpretazione dell'art.7 citato nel senso di consentire ai cittadini elelttori di instaurare azioni popolari non solo di tipo sostitutivo ( ciò che risulta dal dato letterale della norma), ma anche di tipo correttivo (ciò che non si evince dal dato testuale).

Ove, poi, si intendesse contestare la legittimazione a stare in giudizio dell'ANCI regionale, a smentire tale assunto vale quanto si legge nell'art.32 "Le Associazioni regionali rappresentano gli associati e perseguono gli obbiettivi generali dell'Associazione nell'ambito di ciascuna Regione in relazione alle prerogative e agli interessi delle singole Comunità locali".

L'intervento dell'ANCI - Veneto è, per quanto sopra, ammissibile.

1 - Occorre, ora, esaminare la questione dell'ammissibilità, o meno, del ricorso de quo, proposto (come si è visto) da cinque cittadini-elettori in dichiarato esercizio dell'azione popolare ex art.7 della L.n.142/90, ma di tipo correttivo. Incidentalmente, si rileva (ciò che del resto è pacifico) che i cinque ricorrenti sono persone diverse dai cinque consiglieri di minoranza che avevano invano osteggiato la determinazioni del Comune di Stanghella ora impugnate sollecitando il controllo prima del Co.Re.Co. e poi del difensore civico. (D'altra parte, la dichiarazione dell'azione popolare di tipo correttivo, se confermata nell'ipotesi che i ricorrenti fossero stati i consiglieri di minoranza, avrebbe ugualmente posto il problema dell'ammissibilità).

In merito alla questione principale che ne occupa, osserva il Collegio che è fin troppo chiara la letture della norma invocata al fine della legittimazione ad agire per porre dubbi sotto il profilo dell'interpretazione letterale, grammaticale e logica. Di ciò è consapevole lo stesso patrocinio dei ricorrenti, che di fatto invoca, in buona sostanza, un'interpretazione estensiva di tale norma per affermare la legittimazione ad agire quale attore popolare.

In concreto, per l'art.7, comma 1 (nella versione parzialmente emendata con l'art.4 della L.03.08.1999 n.265): " Ciascun elettore può far valere le azioni ed i ricorsi che spettano al Comune". Si tratta, dunque, chiaramente ed inequivocabilmente di un caso di azione popolare, sì, ma di tipo sostitutivo, nel senso che i cittadini sono legittimati ad agire in sostituzione del Comune che rimanga inerte nel coltivare giudizialmente gli interessi suoi propri, e non certo di tipo correttivo.

Su tale punto sono assolutamente pacifici e concordi giurisprudenza e dottrina. Tanto concorde è tale interpretazione, che non è necessario citare a sostegno pronunce giurisprudenziali. Del resto non potrebbe essere diversamente: in claris non fit interpretazio.

Ora, che l'azione popolare instaurata nel caso di specie sia di tipo correttivo è affatto fuori dubbio, ragion per cui le brevi considerazioni fin qui fatte basterebbero per negare la legittimazione a ricorrere dei cinque cittadini-elettori.

D'altra parte il patrocinio dei medesimi, in specie nell'ultima memoria, si ingegna a dimostrare la sostenibilità dell'interpretazione prospettate di una siffatta norma, se calata nel quadro evolutivo dell'ordinamento attuale, ove figurano quasi del tutto soppressi i controlli sui provvedimenti e sull'attività degli enti di autonomia locale, e in relazione ai dubbi di costituzionalità affacciati circa il tipo di controllo previsto nell'art.17.39 della L.n.127/97. Di conseguenza si invoca un'interpretazione estensiva dell'art.7 tale da ricomprendervi anche l'azione popolare di tipo correttivo, non solo in sostituzione del, ma anche contro il Comune, alla luce del venir meno dei vecchi controlli, onde consentire ai cittadini di attivare essi, mediante ricorso al giudice amministrativo, forme di controllo (in tal caso di tipo giudiziale), nel quadro della democrazia participativa.

Ma una siffatta interpretazione non può essere condivisa dal Collegio, dato il suo aperto ed insanabile contrasto sia con il dato normativo testuale, sia con la sua ratio.

Quanto a quest'ultima la stessa si inserisce in maniera sufficientemente coerente nell'attuale quadro evolutivo dell'ordinamento costituzionale e amministrativo, che chiaramente si muove nel senso sia del decentramento di funzioni e compiti verso gli enti di autonomia locale, sia nel senso del potenziamento di quest'ultima, oltre che della semplificazione e accelerazione dell'attività amministrativa.

Del resto il legislatore, confermando - con la recentissima legge n. 265/99 ( che ha apportato delle modifiche ampliative all'art.7 L.n.142/90, lasciandone invariata la sostanza) - la possibilità di dimostrare solo l'azione popolare sostitutiva, ha al tempo stesso avvallato la collocazione dell'istituto nel nuovo sistema delle autonomie locali. Se avesse voluto, il medesimo legislatore avrebbe approfittato dell'occasione dell'emanazione della L.n. 265/99 per “aprire” anche l'azione popolare correttiva. L'intentio legis è, dunque, chiara nel senso di limitare detto strumento alla sola ipotesi di sostituzione al Comune, pur nel nuovo quadro delle autonomie locali.

Conclusivamente il ricorso proposto dagli odierni ricorrenti deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione ad agire quali attori popolari ex art.7 della legge n.142/90 nel senso di azione popolare correttiva, rivolta contro il Comune.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo dichiara INAMMISSIBILE.

Compensa le spese e competenze del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, in camera di consiglio il 02.03.2000.

Il Presidente L'Estensore

Il Segretario

  


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